Articolo a cura di Roberta Donati, artista terapista.
Se non fosse stato per B. non avrei fatto l’esperienza che descriverò in questa breve pubblicazione. Non ho l’ambizione di essere uno scienziato, né un medico, né uno psicologo. Sono un’artista, che usa l’arte per prendersi cura delle persone che mi vengono affidate.
Quando vado a casa delle persone o delle famiglie porto come me la mia valigia degli ‘attrezzi’. All’interno ci metto tutto quello che potrebbe servire per iniziare un percorso di terapeutica artistica, per esempio: dei fogli di brutta, dei cartoncini, dei pennelli, colori a tempera e ad acquerello, un pezzo d’argilla, le mirette, una forbice, matita e gomma, un pezzo di fil di ferro e dello scotch carta.
Questi gli ingredienti indispensabili per fare la ‘torta’. Diciamo che sono ingredienti come la farina, lo zucchero e le uova, fondamentali per fare almeno una frolla semplice per iniziare.
Uso la metafora dell’impasto perché all’inizio della relazione si cominciano a mettere insieme i pezzi, ci si conosce per capire un po’ cosa piace, cosa non piace, cosa si è in grado di fare, quanta forza si ha nelle braccia per esempio.
Quando entrai per la prima volta a casa di B., avevo sentito parlare di lui solo attraverso sua madre e in quel momento non avevo nessuna esperienza con la disabilità. Nessuna.
La forza motivante.
La capacità del colore di arrivare in modo diretto alla persona
A seguito di un incontro con la mamma di B. ho rilevato la necessità per B., tenendo conto della sua patologia, di creare occasioni gratificanti ed attività motivanti che possano migliorare i suoi comportamenti disadattivi (stereotipie e strategie di chiusura nelle relazioni), creando un effetto positivo sul piano emotivo – comportamentale.
Lo scopo era ed è ricercare un’attività che possa essere stimolante per lui, che attivi la sua attenzione e lo porti in uno stato effettivo di benessere nel momento in cui l’attività viene svolta.
La possibilità che questa attività possa diventare per lui anche un mezzo di espressione o addirittura a un livello più alto, un mezzo di comunicazione, rimane una meta non certa, ma comunque da non sottovalutare.
All’inizio, nelle mie osservazioni, ho valutato in particolare questi aspetti:
- Interesse e partecipazione di B. alle attività
- Abilità e ricettività verso i materiali. Cosa preferisce e che cosa lo colpisce.
- Quale mezzo gli permette di mostrare qualcosa in più di se stesso
Ho deciso di lavorare principalmente su due fronti: quello del colore e quello della luce.
L’osservazione della gestualità di B. mi ha permesso di rilevare quello che chiamerò, la forza motivante del movimento. Il suo principale gesto era rivolto a se stesso e riguardava il grattarsi. Dopo un accurato studio del significato del ‘grattare’ sono arrivata alla conclusione che quello non fosse un gesto derivante dalla sua patologia, ma dalla sua situazione psicologica. Il grattare infatti poteva significare diverse cose: dar fastidio o voler togliere qualcosa.
Gli proposi la pittura su cartoncino, che doveva essere la superficie alternativa sulla quale compiere il gesto del grattare. Lo scopo era trasformare quest’azione, quest’energia in un movimento trasformativo di creazione.
La pittura si è rivelata in tutto e per tutto molto stimolante per B. Oltre a essere visibilmente un’attività che lo fa divertire, ho riscontrato diversi effetti positivi sull’umore e sulla gestualità. La percezione cromatica determina in B. reazioni psicofisiologiche, a ogni colore corrisponde una risposta specifica.
Il rosso lo rende attivo, di fronte ad esso si eccita, si muove sulla sedia tanto da spostarla con il suo stesso movimento, anche i gesti delle sue mani sono forti: spalma il colore sul foglio con movimenti veloci e spesso ‘colpisce’ il tavolo nel punto in cui viene messo il colore. Di fronte al blu B. sembra tranquillizzarsi i movimenti sono più posati, spesso osserva le sue mani blu con attenzione. In un incontro è riuscito a spalmarsi il colore su entrambe le mani in modo autonomo. Sono convinta fermamente dell’effetto positivo di quest’attività per lui, come scrive Widmann, nel suo libro “Il simbolismo dei colori”: “Il colore dona spessore emotivo all’esperienza… i colori si rivelano rappresentazioni dei sentimenti, affetti e fenomeni con rilevanza affettiva.”
Nel tempo, lavorando con lui almeno una volta in settimana e due volte in settimana durante l’estate, i suoi gesti si sono modificati. Lo sguardo ha iniziato a concentrarsi sul lavoro davanti a sé, anziché vagare all’indietro o di fianco. Le mie richieste di riempire fino agli angoli più lontani del foglio, inizialmente ignorate, improvvisamente vengono ascoltate. Se inizialmente stava seduto ripiegato su se stesso sulla sedia, ora tiene una posizione decisamente più ‘composta’ e il gesto del grattarsi è diminuito in parte.
Per avere la soddisfazione di vedere questo, ci sono voluti tre anni e mezzo di lavoro.
Per questo motivo continuo l’attività di pittura allo scopo di far acquisire ad B. ancor maggiore consapevolezza e autonomia dei gesti.
Il fronte della luce. Ho proposto ad B. fin da subito l’ascolto di storie tramite il teatro delle ombre, per coinvolgerlo: il cerchio luminoso emanato dalla pila e che circonda la figura protagonista della storia, attira la sua attenzione e lo ‘costringe’ a fare un movimento degli occhi mirato a qualcosa che gli interessa, una sorta di ginnastica piacevole.
Ogni nostro incontro è accompagnato dalla musica.
L’emozione e il movimento.
Il colore come porta
Il contatto diretto con le emozioni avviene tramite una porta, un archetipo: il colore.
Attraverso il colore entriamo nella stanza degli aspetti più profondi della persona, non solo gli aspetti emotivi immediati, un esempio di questi e che mi interessa è la motivazione verso il gesto.
L’emozione scaturita dal vedere e lavorare con il colore è il veicolo per il mondo dell’immaginazione: parlo di immagini, immaginari e scene non d’invenzione, ma che riguardano la nostra memoria e le proiezioni del nostro essere per il futuro. Questo, che io definisco ‘Il pensiero immaginato’ però non porta al movimento, va stimolato per trasformasi in azione. Il colore non è solo la porta in entrata verso l’interno, ma è anche la porta in uscita verso l’esterno.
Spiegherò il concetto con una metafora: è come se fossimo dei marionettisti e avessimo preparato le marionette di tutti i personaggi, le scene, gli oggetti, la musica, ma non potessimo fare lo spettacolo perché non abbiamo i fili da muovere attaccati.
Il colori son quei fili, che mossi e usati con sapienza rendono possibile lo spettacolo e nel nostro caso rendono possibile, il movimento.
Chi usa l’arte per prendersi cura è come un abile regista, una guida che risveglia il marionettista che è in noi.
27 marzo 2020
Artista terapista
Roberta Donati
www.alberotondo.com
alberotondorovereto@gmail.com
Bello questo racconto che mi ha profondamente colpito e l’arte che ci permette di entrare in contatto profondo con la nostra anima e le nostre emozioni da dipingere un quadro allegorico della nostra vita