L’arteterapia può essere definita come la fruizione o pratica artistica a fini terapeutici.
Le origini storiche dell’arteterapia affondano in tempi remoti, in particolare in relazione all’uso terapeutico della musica e del teatro. Pensiamo in tal senso al ruolo della catarsi, dal greco katharsis, col significato di “purificazione”, nel Teatro Greco. La drammaturgia ellenica infatti, attraverso il particolare ritmo narrativo e la ritualità costante, soprattutto nel genere della tragedia (accanto alla commedia e dramma satiresco), si proponeva come un’esperienza educativa e formativa di massa, dove la catarsi, una sorta di “liberazione dalle passioni”, era assicurata dall’identificazione coi personaggi della trama.
Così scriveva Aristotele, nella sua Poetica: «Noi proviamo piacere a vedere le immagini le più precise delle cose la vista delle quali è dolorosa nella realtà, come gli aspetti di animali i più ripugnanti e dei cadaveri». In altre parole, l’assistere a un “dolore finto” provoca un’esorcizzazione dello stesso nello spettatore, una nuova consapevolezza emotiva.
Il Teatro Greco nasce inoltre, probabilmente, dalla tradizione coreutica, che incarna perfettamente il ruolo drammaterapico e musicoterapico dell’opera. Il coro infatti nasce come gruppo di recitazione cantata, dove la rappresentazione è vissuta artisticamente in prima persona.
La tradizione del coro nella tragedia greca si collega in questo senso a quella delle sacre rappresentazioni, di argomento religioso o morale, che si diffonderanno soprattutto in Italia e in Inghilterra, nel corso del Medioevo e del Rinascimento. Esse riuniranno, fra recitazione, allestimenti e narrazioni, l’intera popolazione nell’esperienza diretta dell’interpretazione drammaturgica.
L’arteterapia giunge in contatto con la medicina soprattutto e approfonditamente nell’ambito del disagio mentale, dove entra negli ospedali psichiatrici, come terapia complementare alla psicoterapia e alla psicanalisi. In tal senso i primi esempi di arteterapia possono essere ricondotti alle sedute di musicoterapia passiva, ovvero la somministrazione di brani musicali a scopo ansiolitico, già documentata nel manicomio turco di Edirne (fondato nel 1498) dal noto storiografo seicentesco Evliya Çelebi
La medesima tecnica fu introdotta dallo psichiatra francese Philippe Pinel negli istituti di cura europei per le malattie psichiatriche, nel corso dell’Ottocento.